Nella Bibbia, al versetto nove del ventunesimo capitolo del libro dei Numeri, la salvezza passa e ci raggiunge attraverso lo sguardo. Ed è similmente l’eserciziodello sguardo che viene attivato nell’ambito di una raccolta di immagini come questa, perché anche qui c’è qualcosa da guardare.  Queste immagini hanno registrato una sorta di sparpagliamento dei segni del Sacro, momenti disparati e sparsi che coprono tuttavia l’arco di una densità che trapassa dalla solidità della pietra fino alla soglia arrischiata dell’effimero. Affioramenti multiformi e ostinati, diluiti in una portabilità tascabile esibita magari tiepidamente e smemorata; o condensati nella massa volumetrica degli edifici del culto, al modo di un memoriale tanto più “misterioso” quanto apparentemente complesso “ormai” da decifrare; o ancora nelle forme omnicomprensive della Liturgia. Anche nel contemporaneo, la somma di questa pervasiva diffusione di sostanza “come acqua versata” riesce ad esprimere comunque l’idea di una corrispondenza fondativa ineludibile, ma fatta salva questa constatazione di ordine antropologico tutto il resto deve sempre venire. …E dopo che ho guardato (e sono rimasto in vita) sono ancora quello di prima? Forse. …Ma è dallo sguardo che il segno (ogni segno) mendica e riceve ciò che deve essere: l’innesco di uno sviluppo relazionale e il principio di una storia possibile.